
IL PREPARATORE ATLETICO: CHI È E COSA FA
“E’ la relazione che instauri con gli attori che fa funzionare il tutto.”
Richard Donner
Iniziamo oggi su Red&Blog un percorso di interviste, che ci aiuteranno a capire meglio alcuni ruoli e professioni del mondo dello sport, in particolare del rugby.
Si sente tanto parlare del preparatore atletico ma forse non tutti sanno di che cosa si occupa…Vediamolo con Sergio Gaggioni, Preparatore Atletico della nostra prima squadra maschile.
Grazie Sergio per il tempo che ci stai dedicando.
Grazie a Rugby Parabiago per l’opportunità. È sempre bello poter parlare del proprio lavoro, soprattutto quando è una passione.
Ci racconti come si diventa preparatore atletico?
Per fare il preparatore atletico non è obbligatoria ma caldamente consigliata la Laurea in Scienze Motorie, perché getta le fondamenta delle conoscenze necessarie. Sono poi previsti corsi di varia durata e intensità, alcuni davvero ottimi, complementari all’Università. Ma conta tantissimo l’esperienza che si acquisisce sul campo. Gli studi danno una base solida, ma tutte le altre conoscenze arrivano tramite le esperienze vissute e fanno la differenza tra un bravo preparatore atletico e un cattivo preparatore atletico. È un lavoro molto più difficile di quanto possa sembrare proprio per la natura complessa della performance sportiva, del corpo umano, della miriade di atleti con i quali si ha a che fare, delle diverse situazioni che si incontrano, delle diverse modalità di allenamento di una squadra rispetto ad un’altra. È un lavoro sempre diverso, super dinamico, dove bisogna sempre essere pronti a reagire a quello che ci si trova davanti.
Quali competenze deve avere un bravo preparatore atletico?
Per sintetizzare questo lavoro molto complesso, potremmo dire che il preparatore si occupa della performance, fisica e anche mentale degli atleti. Empatia, passione, conoscenza ed esperienza, comunicazione sono i pilastri fondamentali del mio lavoro.
Io vedo il preparatore atletico come un educatore, un maestro. Io cerco di passare un messaggio ai giocatori, di formare i giocatori, di ispirarli a credere in una visione che li trascina a fare il lavoro fisico. Due competenze fondamentali che deve avere un preparatore sono l’empatia e la passione per il proprio lavoro, perché solo così si riesce a trasferire la motivazione.
Oltre, naturalmente alle conoscenze “tecniche” relative al corpo umano, alle dinamiche dei sistemi di produzione di energia (aerobico, anaerobico, glicolitico), a come sviluppare la forza o la velocità e in che modi, al processo riabilitativo dopo un infortunio, ai sistemi GPS e a come analizzarli, alla capacità di monitorare il benessere e la forma fisica dei giocatori per poter programmare e periodizzare l’allenamento. L’allenamento perfetto in termini di orari, di nutrizione, di condizione lavorativa non esiste: bisogna sempre adattare il lavoro che si fa per ottenere il meglio possibile.
Un altro aspetto fondamentale è la comunicazione. In Italia è un aspetto sottovalutato.
Io ho avuto la fortuna di lavorare in Nuova Zelanda con i Crusaders dove la comunicazione è curata in modo estremamente rigoroso. Addirittura vengono fatti test ai giocatori ad inizio stagione per capire che tipo di personalità hanno e lo staff personalizza di conseguenza le modalità di comunicazione per poter ottenere il miglior risultato possibile. In Italia tutto ciò è lontano anni luce.
Il preparatore così come l’allenatore deve essere un leader che deve guidare la squadra. Il lavoro vero lo fanno i giocatori, ma una guida solida è importantissima.
Perché è importante la figura del preparatore atletico affiancata all’allenatore?
L’allenatore conosce lo sport, il rugby nel nostro caso: conosce la tecnica, la tattica e come vuole far muovere la squadra. Conosce le potenzialità e il talento di ogni singolo giocatore.
Per poter portare i giocatori nella condizione fisica ottimale per giocare come vuole l’allenatore ci vuole il preparatore fisico, che lo aiuti a gestire i carichi di lavoro durante la stagione oltre che off-season e gli “insegni” le pratiche migliori dandogli opzioni diverse. Ma non solo. In uno staff che funzioni ci vogliono necessariamente anche il fisioterapista e il nutrizionista. E’un lavoro di team, che a Parabiago funziona molto bene.
Entrando nello specifico del tuo ruolo in rugby Parabiago, quali sono gli obiettivi che ti poni quando lavori con la nostra prima squadra?
Gli obiettivi variano da stagione a stagione, in base alle situazioni, al tipo di lavoro fatto prima. Il lavoro di preparazione segue la crescita dei giocatori, si deve adattare e migliorare. In generale cerco di far sì che i giocatori siano robusti, nel senso scientifico del termine, che vuol dire meno proni agli infortuni. E cerco di lavorare in modo che la loro forma fisica sia al top per fargli passare più tempo possibile ad allenarsi e quindi a poter fare quello che l’allenatore vuole da loro. Il mio obiettivo è migliorarli come giocatori di rugby.
In questo periodo di pandemia, che modifiche hai dovuto apportare in merito alla preparazione, considerando che il campionato era purtroppo fermo? E a cosa dovrai stare attento in vista dell’inizio della nuova stagione?
Purtroppo in quest’ultima stagione non si è giocato a rugby, ma lo diciamo a posteriori. Abbiamo vissuto nell’incertezza e a singhiozzo tutto l’anno, passando continuamente dalla zona rossa a restrizioni meno forti, senza sapere cosa sarebbe successo da lì a poco. Fino a febbraio sembrava che il campionato potesse riprendere, salvo poi essere definitivamente cancellato.
Abbiamo allenato i giocatori sulla forza resistente piuttosto che su quella massimale, facendo tanto lavoro aerobico, ripetuto ahimè tante volte quasi come fosse una serie infinita di pre-stagioni…Nonostante tutto siamo riusciti ad ottenere ottimi risultati, quasi “insperati” vista la condizione nella quale abbiamo lavorato. Tutti i ragazzi hanno trovato una condizione fisica ottimale, hanno aumentato i loro massimali in palestra, hanno mantenuto la condizione fisica e aumentato la capacità aerobica. Sono stati incredibili, non posso che complimentarmi con loro. Non credo incontreremo troppe difficoltà a ricominciare dopo l’estate, se non quella di una stanchezza mentale dovuta alla ripetitività del lavoro che è stato fatto quest’anno. Si dovrà tornare a fare un’altra pre-stagione e non so quanto i ragazzi ne abbiano voglia…Ma sono sicuro che torneremo super carichi. Sono molto fiducioso. Se ci permetteranno di giocare, faremo buone cose.
Un’ultima domanda la dedichiamo i più piccoli…… Da che età è particolarmente importante la preparazione atletica? E che differenza c’è tra il preparatore atletico e il motricista?
Il motricista lavora sulla formazione motoria dei più piccoli in maniera il più possibile a-specifica perché sappiamo che più è ampio il bagaglio motorio del bambino e più cresce la possibilità che abbia successo nello sport nel futuro, perché saprà adattarsi. Insegnare a saltare, atterrare, rotolare, correre con una postura corretta è fondamentale. Il preparatore parte più tardi, quando il ragazzo è già più formato, ha già le basi motorie e si può lavorare sulla forza e sulla velocità. Se vogliamo dare un’età, possiamo attestarci attorno ai 14-15 anni, quando anche lavorare con i pesi, se fatto nel modo corretto e con cognizione di causa, non ha controindicazioni. Ad ogni modo, prima si inizia con una preparazione fisica e meglio è: la sedentarietà è un problema della nostra società e gli scompensi motori, anche negli adulti, sono evidenti.
Grazie Sergio, per la lunga chiacchierata. E in bocca al lupo per il tuo lavoro e la nuova stagione in arrivo!
DR
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