Un doppio racconto per nostro figlio

“Ogni essere umano viene procreato con una gamma di potenzialità uniche che bramano essere soddisfatte come la ghianda desidera diventare la quercia che è in lei.”
Aristotele

Molti anni fa un docente universitario, negli Stati Uniti, all’apertura del semestre, decise di eliminare i voti.

Infatti aveva osservato che gli studenti concentravano la loro attenzione e i loro sforzi solo su quegli argomenti, lezioni e lavori che avrebbero portato poi un punteggio significativo e che diventavano molto competitivi tra loro per ottenere i punteggi più alti. Insomma, non erano per nulla interessati ad apprendere, ma solo a consolidare dei punteggi tramite attività.

La sua decisione provocò una levata di scudi da parte degli studenti: perché mai imparare qualcosa, se non serve per un voto?

Questa triste realtà coinvolge spesso anche le famiglie, che a volte vediamo più attente al voto che all’apprendimento e agli aspetti cognitivi: avrà la sufficienza e sarà promosso? Se è così, allora va tutto bene, non devo preoccuparmi, le vacanze non sono rovinate e io non faccio brutte figure come genitore di un “figlio con difficoltà scolastiche”.

Che importa se io sarò madre o padre di un promosso che ha poca cultura e poco interesse per apprendere anche nel suo futuro? O di un figlio che va bene ora, in quinta elementare, ma che ha sviluppato abilità e competenze di apprendimento così deboli che non saranno in grado di supportarlo in un percorso più complesso, come quello della scuola media e ancor più di quella superiore? Che avrà difficoltà a evolvere, mentre il mondo del lavoro cambierà intorno a lui?

Ma compito dei genitori è guardare avanti, molto avanti… Allora da cosa possiamo cominciare noi genitori? Sicuramente dal creare con la Scuola una relazione paritaria e collaborativa, di scambio reciproco.

Non ha molto senso che l’insegnante dica al genitore come crescere suo figlio e non ha senso che il genitore dica all’insegnante come gestire la classe: ha senso invece che ciascuno offra il suo contributo scambiando idee e informazioni, punti di vista e modi di pensare, senza forzare la mano o imponendo grazie al proprio ruolo; altrimenti chi ne andrà di mezzo saranno i nostri figli. Lavoriamo con gli insegnanti, non al posto loro o contro di loro; e se proprio siamo certi che qualche insegnante non funzioni, ogni soluzione che adotteremo sarà migliore di quella che ci vede a denigrarlo e invalidarlo presso i nostri figli. Per amore e utilità dei nostri figli, non per acquiescenza con gli insegnanti.

Quando abbiamo un colloquio con gli insegnanti, siamo tutti e due adulti, tutti impegnati a trovare il meglio per il figlio-allievo. Chiediamo prima all’insegnante di raccontarci com’è nostro figlio a scuola, dato che lì noi non possiamo conoscerlo e sono molti gli atteggiamenti e i modi di fare che cambiano in un contesto “fuori casa”; ascoltiamo con disponibilità anche ciò che ci sembra impossibile e diverso dal ritratto che ci facciamo noi, perché ci può essere veramente utile. E intanto osserviamo se qualcosa di ciò che accade a scuola è simile a qualcosa che accade anche a casa, magari senza che noi ce ne fossimo pienamente resi conto: sono segnali importanti, che ci impediranno di dire in futuro “non avrei mai immaginato che…! come mi sarei potuto accorgere di…?”.

E poi raccontiamo all’insegnante com’è nostro figlio -ma ora suo allievo- a casa, dato che l’insegnante non lo può conoscere in questo contesto, invitandolo a osservare se qualcosa di ciò che raccontiamo accade anche a scuola… Non limitiamoci a parlare di voti, sui quali abbiamo molte altre strade per conoscerli, senza sprecare il tempo prezioso di un colloquio ben più importante. Anche gli insegnanti apprezzeranno…

In questo modo avremo un ritratto a tutto tondo, invece che parziale; nostro figlio è contemporaneamente sia ciò che sappiamo noi a casa sia ciò che sanno gli insegnanti a scuola: non c’è in atto una gara segreta per eleggere il migliore tra figlio e allievo! Perché nostro figlio è contemporaneamente figlio e allievo, con doppie caratteristiche, doppi comportamenti, doppie abilità. Quindi molte più di quante crediamo.

Sicuramente conosciamo bene -come genitori- nostro figlio, ma fortunatamente ci sono ambiti -e la scuola è il primo- in cui fa le sue esperienze sociali senza di noi e noi lo conosciamo un po’ meno… Si chiama autonomia e crescita… È un buon segno, non una nostra mancanza!

Questo del doppio racconto, per il quale prendiamo noi l’iniziativa, è il messaggio principale da inviare sia alla Scuola che ai nostri figli e seguendo questa traccia lo mandiamo tramite un comportamento pratico, che in questo caso funziona meglio che tramite parole.

Questa è una strada che insegnanti e genitori possono percorrere assieme, pur mantenendo una significativa differenza di ruoli e compiti; questa strada porta a una meta comune: la conoscenza e la capacità di imparare a imparare, fondamentale per tutto l’arco della vita. Che sarà punteggiata da feedback costruttivi, non semplicemente da numeri. E forse, lungo questo percorso, si raccoglierà come benefit anche un incremento di motivazione per tutti.

Ileana Moretti e Vincenzo Palma – FormAti

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